[Genshin Impact] wish upon a dandelion (first half)

Titolo: wish upon a dandelion (first half)
Fandom: Genshin Impact
Personaggi: Zhongli/Venti
Rating: SAFE
Prompt: 004. “Sì. Anzi, no” [COW-T 12 – week 6, m3]
Wordcount: 2713
Avvertimenti: Established Relationship, Fluff, lievissimi spoiler delle Archon Quest (Prologo e Capitolo I), Self-indulgent come poche cose nella vita ❤

La cattedrale di Mondstadt era ancora, nonostante quanto sia passato dalla sua ultima visita, un magnifico esempio di architettura che toglieva il fiato. Maestosa all’esterno, torreggiante sulla città, racchiudeva al suo interno quasi uno spazio fuori dal tempo. Immersa in un religioso silenzio, la navata era avvolta nel caldo abbraccio della luce del sole che filtrava attraverso le lunghe vetrate di mille colori e dal rosone che, sulla facciata principale, illuminava i primi passi di ogni visitatore, vecchio e nuovo.

Non sarebbe importato che stagione fosse: la cattedrale sembrava catturare in eterno la dolcezza di un sole di primavera, caldo e gentile che dona sollievo dopo il freddo del lungo inverno. I suoi raggi donavano la sensazione quasi di fluttuare, sospeso in un luogo idilliaco, e concedevano una quiete profonda.

La cattedrale era quanto di più diverso da ciò che regalava invece Liyue, la sua gente e il suo paesaggio. Tutta Mondstadt lo era. Ma questo non avrebbe impedito a nessuno, né tanto meno che a Zhongli, di apprezzarne l’infinita bellezza. Si crogiolò un momento di più nel calore della luce che, concentrata, benediva il centro dell’abside.

In quel momento la cattedrale era svuotata di ogni fedele. Zhongli non era – con suo considerevole rammarico – un frequentatore devoto e tanto assiduo da poter dire se la maestosa chiesa fosse sempre così solitaria, ma alle sue spalle quel giorno si susseguivano solo panche vuote. Anche i membri della Chiesa di Favonius rifuggivano ora dai suoi occhi. Aveva scorto al suo arrivo solo una suora che si stava premurando di riaccendere le candele che, per soffi di vento birichini, si ergevano sui candelabri ad ornamento senza più una fiammella danzante. Finito il suo compito, la giovane donna aveva salutato Zhongli con un educato cenno del capo e si era congedata, svanendo oltre l’ingresso al seminterrato della cattedrale.

Zhongli era rimasto l’unico a godere della luce confortevole e della profonda quiete offerta da quel luogo dedicato a Barbatos.

Barbatos.

Quasi come se i suoi pensieri fossero stati portati via dal vento, il portone d’ingresso cigolò grave quando fu aperto e poi richiuso e una brezza fresca attraversò il corridoio centrale arrivando fino a lui. Il silenzio religioso si fece frizzante. La cattedrale sembrò accogliere con gioia assoluta il suo amato Dio.

Venti attraversò la navata con passo leggero come il vento stesso. Saltellò un paio di volte gioioso, canticchiando sottovoce e a bocca chiusa una melodia che Zhongli non aveva mai sentito. Camminava senza guardarsi intorno con la totale sicurezza di chi quel luogo lo conosceva come il palmo della propria mano, avendo intanto occhi solo per il dente di leone che rigirava tra le dita davanti al viso.

Fu quando raggiunse l’abside che Venti alzò lo sguardo verso di lui, rivolgendo al Dio dei Contratti un sorriso furbetto ma affettuoso.

«Eccoti qua, Morax»

Il vertiginoso soffitto della cattedrale restituì un eco alle sue parole. Illuminato dal fascio di luce che inondava il cuore della chiesa, Venti acquisiva un’aura realmente divina, lucente ed eterea, qualcosa che molto di rado era capitato che l’Anemo Archon esibisse da sé.

«Vecchio come sei, pensavo magari stessi vagando perso per qualche vicolo di Mondstadt» lo punzecchiò scherzoso con lieve malizia, ma senza vera cattiveria nella voce né la voglia di farlo seccare.

Zhongli sbuffò quasi divertito, scuotendo la testa con rassegnazione e un sorriso ad arricciargli le labbra.

Sollevò il viso verso l’organo e poi le volte del tetto della cattedrale, osservando e ammirandone ancora una volta la finezza architettonica, per bearsi un ultimo attimo di quella quiete e pace.

«Questo luogo è come sempre di incomparabile bellezza» 

«Già» sentì Venti concordare con lui, seguendo il suo sguardo verso il resto della chiesa «Non mi stanco mai di venire qui. C’è un immenso senso di calma che a volte è difficile trovare altrove»

E Zhongli capiva bene cosa intendesse. Liyue stessa offriva molti luoghi in cui godere di un’intima tranquillità e i soli suoni della natura a fare da compagnia, come anche le foreste di Mondstadt non erano altrettanto da meno. Ma la quiete della cattedrale era di altro tipo: era un silenzio che sospendeva lo scorrere del tempo e raggiungeva gli spazi più nascosti dell’anima.

«Tieni»

Zhongli abbassò nuovamente gli occhi per trovare Venti che, allungato il braccio verso di lui, gli offriva la pianta piumosa di un azzurro luminescente che aveva portato.

Alzò un sopracciglio.

«Un dente di leone?» chiese mentre prendeva il dono..

La sua domanda non era per confermare la natura di ciò che Venti avesse raccolto. Piuttosto, Zhongli si interrogava sul motivo di quella scelta.

Venti colse l’implicito dubbio senza che l’altro gli desse voce.

«Da sempre le persone soffiano sui denti di leone per esprimere i propri desideri» si premurò quindi di spiegargli «Alcuni credono che con gli acheni che volano via i loro desideri vengono affidati al vento e giungano così alle orecchie di Barbatos, che poi li esaudisce»

Zhongli osservò la pianta solitaria. I pappi azzurri, sottili come pelucchi ma morbidi come piume, erano ali per i piccoli frutti che sembravano aspettare davvero solo un soffio per staccarsi e volare via, in cerca di nuovo terreno in cui lasciare che i semi germogliassero. Il Geo Archon adocchiò di sottecchi l’altra divinità, incuriosito dalla storia.

«E questa credenza ha un fondo di verità?»

Il Dio del Vento ci pensò un minuto.

«Sì. Anzi, no. Sì e no, in realtà» riconobbe che la risposta stava nella via di mezzo «Se soffia anche una piccola brezza posso sentirli davvero, come tutti gli altri sussurri che la gente confida al vento. Se non soffia, allora no. Il dente di leone non è in sé un veicolo per me»

Zhongli annuì, accogliendo la spiegazione. Così come lui poteva sentire il rombo e i richiami delle profondità delle rocce, era a conoscenza del fatto che Barbatos potesse ascoltare le voci dei venti e quelle che essi trasportano, dialogando con loro e affidando altrettanti messaggi. Avevano comunicato in questo modo tante volte in passato, quando non era possibile a nessuno dei due lasciare la propria terra. Ma la credenza del dente di leone gli giungeva del tutto nuova alle orecchie, quindi era stato genuinamente curioso di sapere se fosse vero oppure no.

Venti si dondolò avanti e indietro con le mani giunte dietro la schiena, prima di sorridergli malizioso, un alone di mistero a velargli gli occhi. 

«Però tu puoi sempre fare un tentativo e vedere da te»

Zhongli tornò a guardare il dente di leone. Fece rotolare il gambo lungo e sottile tra le dita, ruotando la pianta in mano come aveva fatto Venti quando era entrato nella cattedrale.

Esprimere un desiderio.

Gli umani erano soliti credere che i Sette e tutto ciò che appartenesse a Celestia fossero estranei dalle emozioni terrene. Superiori a loro, elevati e potenti, possedevano una conoscenza che nessun altro aveva, saggi e guide dell’umano, e ben poco se ne facevano di cose mondane come i desideri.

Ma il cuore delle divinità non era tanto lontano da quello delle persone che le veneravano. Batteva e coltivava speranze e volontà allo stesso modo, e a volte erano persino più capricciosi. Il Dio dei Contratti aveva avuto tante richieste, auspici e aspettative, nel lungo cammino dei suoi 6000 anni e più. E adesso che non era più davvero un Archon, come non lo era Venti, i suoi desideri si erano ridotti e fatti più umili.

E in quel momento uno in particolare volle affidare a quella piccola pianta in preghiera.

Si specchiò nelle iridi verdi dell’altro per un lungo minuto, prima di prendere un respiro e soffiare sul dente di leone. Gli acheni si staccarono e si librarono in un turbine di luce blu, cavalcando l’aria grazie ai pappi piumosi.

Venti li osservò danzare, allungando una mano perché uno gli cadesse sul palmo, ma questi volò prontamente via. La sua attenzione tornò su Zhongli, mentre uno strano luccichio gli faceva brillare gli occhi.

Zhongli era sicuro che, anche senza il potere di sentire i segreti portati dai denti di leone, l’Anemo Archon avesse colto in ogni caso ciò che aveva desiderato.

Non poté che sorridere al più piccolo.

«Anche io ho qualcosa per te»

Zhongli lo superò e si diresse alla panca della prima fila sotto lo sguardo curioso dell’altro, per prendere una cosa che aveva lasciato lì intanto che ammirava la cattedrale e aspettava di ricongiungersi, entro la fine della giornata, a Barbatos. Se li avesse tenuti tutto quel tempo in mano, sarebbero appassiti più velocemente.

Ripercorse i suoi passi tornando dall’altro e gli offrì il suo di dono. Un mazzolino di quattro cecilia, legati con un nastrino arancione.

I fiori preferiti del Dio del Vento.

Venti si illuminò nel vederli.

«Crescono solo qui, quindi non mi è possibile trovarli quando siamo a Liyue»

Non era la prima occasione in cui Zhongli gli regalava dei fiori. Ma erano quasi sempre varietà che crescevano per tutta Liyue – qingxin, glaze lily, violetgrass – perché erano le più facili per lui da reperire. Quando ne aveva la possibilità però, la scelta ricadeva sempre sui cecilia.

Venti lo ringraziò di cuore, mentre annusava con gioia il mazzo di fiori.

«Sono stupendi» sussurrò estasiato «Mi stupisco sempre di quanto un vecchio testone come te riesca anche a essere così romantico»

Zhongli permise che anche quel piccolo insulto – antico quanto loro e spogliato di malizia – lasciasse il tempo che trovava. Perché davanti al sorriso felice e sincero di Venti qualsiasi cosa avrebbe perso importanza e qualsiasi parola non sarebbe stata abbastanza.

Allungò un braccio ad accarezzargli la guancia con dolcezza. Venti inclinò la testa e si abbandonò contro il suo palmo, beandosi del tocco gentile.

«Venti!»

Una voce inaspettata fece voltare entrambi, rompendo un po’ quella bolla di sapone che si era inconsciamente formata attorno a loro due e in cui non esisteva nessun altro. Apparteneva alla giovane ragazza dai capelli biondo cenere legati in due codine, con addosso la divisa bianca dell’ordine della Chiesa di Favonius, che era comparsa sulla soglia dei locali interni della cattedrale.

«Ah, Barbara!»

Zhongli era piuttosto certo di aver visto Barbara di sfuggita una o due volte, nella sua ultima visita a Mondstadt, ma non si erano mai rivolti la parola. Venti, al contrario, come aveva immaginato la conosceva bene.

«Era da un po’ che non ti vedevo alla cattedrale»

La ragazza si avvicinò a loro, salutando con la mano prima Venti e poi con un educato inchino Zhongli, che si inchinò a sua volta con la stessa cortesia.

«È un tuo ospite? Gli stai mostrando la città?» chiese Barbara, incuriosita dal volto nuovo che non aveva mai visto e che, dai vestiti, poteva facilmente dedurre provenisse da un’altra regione.

«Diciamo di sì» ridacchiò sottilmente Barbatos, mentre gli lanciava un’occhiata «Lui è Zhongli, un mio vecchio amico di Liyue. Non è la prima volta che viene a Mondstadt, ma gli piace molto rivisitare i siti di punta»

Zhongli ricambiò anche il secondo inchino che fece l’altra «È un piacere fare la sua conoscenza»

«Spero si goda la visita» offrì cortese Barbara, risollevando il capo «Se avete bisogno di qualcosa, chiedete pure. Oggi c’è un po’ di lavoro da fare e non ci sono stati visitatori a parte voi due, quindi sono tutti negli uffici di sotto nel seminterrato. Ma se vi serve qualcosa, saremo più che lieti di aiutarvi, non esitate a chiamarci»

Il Dio del Vento rimase interdetto per un attimo, prima che Zhongli potesse vedere letteralmente una lampadina accendersi sulla sua testa. Gli era venuto in mente qualcosa. E dal sorriso che fece subito dopo, era un’idea che prometteva guai.

«In effetti, ci sarebbe una cosa che potresti fare»

Pure Barbara sembrò mettersi sull’attenti «Mi auguro tu sappia che la lira sacra non posso assolutamente più—»

Ma Venti la bloccò prima che continuasse, agitando i palmi aperti davanti a sé.

«Non ti preoccupare, non c’entra niente con quella»

E la conferma tranquillizzò realmente la ragazza, che sospirò di sollievo davanti a loro. Tolto il dubbio di quella che sembrava agli occhi di Zhongli una passata questione spinosa, Barbara tornò raggiante e disponibile come un attimo prima.

«Allora dimmi pure!»

Venti si addolcì un po’, senza perdere la furberia che gli colorava il viso.

«Chiama il diacono Dahlia»

Si voltò verso Zhongli con lo stesso sorriso sulle labbra e il Dio dei Contratti sentiva ancora di più la promessa di qualche disastro.

Venti ne stava per combinare una delle sue.

«Vorrei che celebrasse un matrimonio»

Venti impiegò diversi minuti a convincere il diacono Dahlia a celebrare, in grande intimità, quel rito richiesto puramente d’impeto. L’uomo ripeté più e più volte che, anche volendo sorvolare sull’assenza di preavviso per preparare la funzione, lui non aveva i poteri per svolgerla. Non rientrava nelle sue funzioni da diacono di celebrare la messa di un matrimonio, se non su esclusiva delega di qualcuno più in alto di grado – il diritto canonico della Chiesa di Favonius era piuttosto chiaro a riguardo. Ed era impensabile disturbare il cardinale Calvin in quel momento, immerso nel lavoro fino al collo per com’era.

Se avesse proseguito con la celebrazione, era probabile che il matrimonio non sarebbe stato considerato valido. Ma Venti gli rispose, altrettante volte, che andava bene anche così, che quello che cercava fosse più un rito simbolico, che un pezzo di carta che avesse valenza legale.

(D’altronde, divinità come loro, che vivevano da secoli e altri ne avrebbero vissuti, non avevano bisogno di alcun valore legale.)

Zhongli provò quasi pena per il diacono che alla fine, con un sospiro esasperato, cedette alla richiesta di Venti la cui insistenza ed entusiasmo non sfiorirono un attimo. Rivolse al povero uomo di chiesa, quando questi lo guardò pensieroso e stanco, un educato sorriso di scuse.

Il diacono Dahlia richiamò Barbara, dicendole di andare a cambiarsi e indossare la tunica così da accompagnarlo nella celebrazione del rito, mentre lui recuperava l’occorrente per la funzione e qualcuna delle suore perché aiutassero a svolgere il tutto.

Alla fine, Dahlia e Barbara si presentarono al centro dell’abside, a reggere un antico tomo aperto davanti ai loro occhi e una candela che più che servire da illuminazione, assomigliava piuttosto a un ornamento del cerimoniale. Al loro fianco due suore presenziavano in silenzio, le uniche forse libere che, con poco tempo a disposizione, erano riusciti a portare lì.

Venti si avvicinò a Zhongli per prenderlo a braccetto e stringersi a lui, rendendo ancora più piccolo il cerchio di intimità attorno a cui in pochi si erano riuniti. 

I due diaconi iniziarono quindi a recitare la formula del rito, accogliendo i due presto-sposi nel nome del grande Barbatos per legarli indissolubilmente nel sacro vincolo del matrimonio. Venti – Barbatos, il vero Anemo Archon in carne e ossa – ridacchiò sotto voce coprendosi la bocca con una mano nel sentirsi chiamare con una tale solennità. Quella riverenza, agli occhi di Zhongli che tante volte avevano visto Venti ubriaco al punto da non reggersi in piedi, era così lontana dal modo beffardo – e irresponsabile – in cui il bardo era solito comportarsi.

Eppure, al tempo stesso, l’adorazione per Barbatos che trasudava quel luogo gli si addiceva tanto da far male.

«Siete venuti qui di fronte a Lord Barbatos» continuava con voce piena e solenne il diacono Dahlia «Nella piena libertà di amarvi così come lui ci ha insegnato»

Libertà.

Zhongli sentì qualcosa di spiacevole al petto e un dubbio si insinuò piano nella sua mente. Un dubbio che già in altre occasioni gli aveva avvelenato i pensieri.

«Ne sei sicuro?» non poté fare a meno di chiedere «Il matrimonio è… un vincolo»

«Non preoccuparti, hai sentito Dahlia, no? Probabilmente non sarà nemmeno valido—»

«Non è questo che intendevo»

Venti alzò la testa, allontanandosi dal braccio dell’altro Archon quanto bastava perché potesse guardarlo in volto. Accigliato, lo scrutò con chiara confusione negli occhi.

Zhongli, senza distogliere l’attenzione dai due diaconi di fronte a loro, mandò giù un piccolo nodo alla gola.

«Il matrimonio è una delle forme più antiche di contratto»

Fece un lieve respiro e poi, più deciso, incrociò di nuovo lo sguardo smeraldo di Venti.

«Sei davvero sicuro di volerti legare, quando la libertà è sempre stato il tuo principio cardine?»

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